Terapie integrative
Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale
Storia e riferimenti scientifici
La psicoterapia Cognitivo-Comportamentale nasce agli inizi del Ventesimo secolo dalla tradizione scientifica della psicologia sperimentale, in particolare dagli studi di J.B. Watson e I.P. Pavlov, fondatori della corrente teorica del "comportamentismo", che si proponeva di costruire una scienza psicologica che condividesse le caratteristiche di esattezza e obiettività tipiche delle scienze più avanzate, quali la biologia e la fisica. Tale scopo fu raggiunto limitando in quanto non esistevano strumenti scientifici per condividere le osservazioni in maniera univoca.
La caratteristica di queste metodologie è la misurabilità dei risultati e dell'efficacia, che ha permesso di stabilire delle precise indicazioni tra categorie di problemi e tipo di tecnica (nevrosi d'ansia e fobie, problemi di comportamento e apprendimento nei bambini, enuresi ed encopresi, riabilitazione di soggetti con handicap fisici e psichici).
Nel frattempo, l'evoluzione della ricerca scientifica in psicologia compie, intorno agli anni '60, grossi progressi, di na delle caratteristiche più interessanti di questo insieme di tecniche e delle teorie sottostanti è inoltre l'apertura alle innovazioni provenienti sia dalla ricerca scientifica sia da altre correnti di studio sulla psicoterapia (quali le "teorie psicodinamiche" o le "teorie sistemiche"). Ne è un esempio la recente attenzione e tentativo integrazione all'interno della psicoterapia cognitiva e comportamentale di importanti fattori terapeutici, quali le dinamiche del rapporto tra terapeuta e paziente e il peso degli aspetti interpersonali e familiari correlati alla sofferenza individuale.
Applicazioni cliniche
Attualmente la Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale copre il campo del trattamento di tutti i disturbi mentali: disturbi dell'area nevrotica (disturbi d'ansia, fobie, ossessioni-compulsioni, depressione), disturbi del comportamento alimentare (anoressia e bulimia), disfunzioni sessuali, disturbi di personalità, disturbi da abuso di sostanze, psicosi (disturbo delirante, schizofrenia), problemi psicopatologici dell'età evolutiva, psicopatologia nell'anziano.
Oltre alle applicazioni psicopatologiche le tecniche cognitivo-comportamentali si dimostrano particolarmente efficaci e rapide per aiutare le persone a risolvere difficoltà di adattamento o crisi evolutive (difficoltà nelle relazioni sociali o nel lavoro, ansia da esame, reazioni disadattive al lutto, difficoltà nella coppia o nella gestione dei figli, ecc.), anche attraverso modalità alternative al trattamento psicoterapico (gruppi di auto-aiuto, biblioterapia, terapia on-line).
Metodologia e tecniche
Il terapeuta cognitivo - comportamentale possiede nel suo repertorio una serie di tecniche di derivazione comportamentale, cognitiva e relazionale, che utilizza all'interno della cornice della relazione terapeutica, vale a dire il particolare rapporto tra operatore e paziente, rapporto che viene investito da una progressiva condivisione di senso.
Il formato degli incontri può essere differenziato secondo il tipo di problemi, degli scopi dell'intervento, della opportunità relativa a un particolare momento evolutivo, e può quindi essere costituito da colloqui individuali, da sedute di coppia o familiari, da riunioni di gruppo.
Per sintetizzare possiamo dire che le caratteristiche pregnanti di questo approccio terapeutico sono:
1 - Mirato allo scopo: all'inizio della terapia, previa una approfondita valutazione diagnostica, vengono concordati gli obiettivi da raggiungere, viene stabilito un piano di trattamento che si adatti alle esigenze del singolo, vengono previsti i tempi e le modalità di verifica per il raggiungimento dei cambiamenti auspicati.
2 - Attivo e collaborativo: terapeuta e paziente lavorano insieme per riconoscere e modificare le modalità di pensiero a partire dalle quali si originano i problemi emotivi e di comportamento. Il terapeuta propone le strategie cognitive e comportamentali per la soluzione dei problemi, il paziente avrà il compito di mettere in pratica le strategie apprese durante gli incontri nello spazio tra una seduta e l'altra.
4 - A breve termine: in genere gli interventi variano, in funzione del tipo di problema, dai tre ai dodici mesi. In ogni caso i cambiamenti vengono monitorati a scadenze prestabilite in partenza, ed è quindi possibile la valutazione dell'efficacia dell'intervento.
L'Arte della Consapevolezza
“The Dialectical Behavior Therapy Skills Workbook for Bipolar Disorder”,
Sheri Van Dijk, New Harbinger Publications, 2009.
La mia traduzione finisce laddove l'anteprima su google libri termina! Ma direi che queste pagine danno modo di farsi almeno una idea di cosa la mindfulness sia e delle potenzialità insite in essa. Buona lettura!
La pratica della consapevolezza.
Fai affidamento sugli altri per sapere quando sei in stato depressivo o maniacale perché non presti attenzione a te stesso e pertanto non hai consapevolezza di questi sintomi? Oppure magari eviti di proposito di riconoscerli nella speranza che essi si dissolvano... Inveisci sugli altri quando provi rabbia perché senti di non avere controllo sulle tue emozioni, e reagisci prima ancora di capire cosa sta succedendo? Ti sorprendi a pensare a quanto la vita sia orrenda, magari ricordando cose fatte in passato di cui ti penti o cose terribili che ti sono capitate?
Tutte queste cose succedono soprattutto perché trascorri molto tempo in uno stato di non consapevolezza delle tue emozioni, dei tuoi pensieri, delle tue sensazioni fisiche e dei tuoi comportamenti. Questo capitolo vuole aiutarti ad aumentare la tua consapevolezza, e nella fattispecie lo fa attraverso un'abilità chiamata mindfulness (consapevolezza).
Mindfulness e disturbo bipolare.
La mindfulness è una pratica meditativa usata da migliaia di anni nel mondo dell'Oriente ed è un ingrediente comune di pratiche spirituali come il Buddismo Zen. C'è voluto un po' ad importarla in Occidente, ma negli ultimi anni gli scienziati hanno studiato la mindfulness e stanno scoprendo tutti gli innumerevoli benefici legati a questa pratica. Discuterò in maggior dettaglio questi benefici più avanti nel capitolo. Per ora, ci sono due cose importanti da sottolineare. La prima è che, nonostante le radici di questa pratica, non devi essere una persona credente o spirituale per praticare la mindfulness. Tutto ciò che ti serve è una mente aperta e il desiderio di sperimentare qualcosa di diverso. Se sei una persona religiosa e sospetti che la mindfulness entri in conflitto con le tue credenze, ti chiedo di mettere in stand-by i tuoi timori e di continuare a leggere mentre spiego che cos'è la mindfulness; una comprensione più diretta dovrebbe farti sentire tranquillo.
Terapia dialettico-comportamentale per bipo e BPD (e altro...)
Ciao a tutti.
Sono reduce da un ricovero di 5 settimane in una clinica in cui ho imparato diverse cose. Per condividerle con tutti voi, ho pensato di tradurre 2 principali cosette: un articolo sulla terapia dialettico-comportamentale, più generale, e alcune pagine di un saggio sulla tecnica della consapevolezza specificamente applicata al disturbo bipolare. Ecco il primo articolo.
La terapia dialettico-comportamentale (DBT, dialectical behavior therapy).
La terapia dialettico-comportamentale, DBT, è una metodologia terapeutica originariamente sviluppata alla fine degli anni '90 da Marsha M. Linehan, ricercatrice di psicologia all'università di Washington, per il trattamento di persone con disturbo borderline di personalità (BPD). La DBT mette insieme tecniche cognitivo-comportamentali tradizionali per la regolazione emotiva e l'esame di realtà con i concetti di consapevolezza, tolleranza dello stress e accettazione derivati in larga parte dalla pratica meditativa buddista. La DBT è la prima terapia che si è dimostrata sperimentalmente efficace per il trattamento del BPD. Ma la ricerca indica che la DBT è efficace anche nel trattamento di pazienti che presentano vari sintomi e comportamenti nella sfera dei disturbi d'umore, incluso l'autolesionismo. Per i successi sperimentali e in base alla somiglianza tra le modalità comportamentali tra pazienti borderline e pazienti bipolari, la DBT viene ora comunemente usata in parecchi contesti clinici anche per il trattamento del disturbo bipolare.
Il libro “The Dialectical Behavior Therapy Skills Workbook for Bipolar Disorder”, Sheri Van Dijk, New Harbinger Publications, 2009, è il primo manuale ad applicare il trattamento della DBT al disturbo bipolare, una patologia cronica e complessa che ha molto in comune con il disturbo di personalità borderline.Appunti su psicoeducazione