Storia

Storia della psichiatria

alt Nel corso del tempo e nelle diverse civiltà, gli approcci, le spiegazioni, l'atteggiamento ed i trattamenti relativi alla follia hanno subito cambiamenti radicali e, nell'impossibilità di una trattazione esaustiva della storia della psichiatria è forse utile una schematizzazione che consenta di tracciarne le tappe fondamentali ripercorrendo quali sono stati i cambiamenti di alcuni aspetti paradigmatici della psichiatria:

  • la spiegazione e l'origine (natura) della follia
  • le modalità di trattamento dei "folli"
  • le persone e le istituzioni deputate al trattamento.


Antico Egitto

Gli antichi Egizi ritenevano che tutte le malattie, indipendentemente dalle manifestazioni, avessero un'origine fisica e ponevano nel cuore la sede dei sintomi che oggi chiamiamo psichici: non vi era dunque alcuna distinzione tra malattia fisica e mentale.

Grecia e Roma (VI secolo a.C. - VI secolo d.C.)

Nelle società greca e romana la follia possedeva una forte connotazione mistica, era ritenuta una punizione di origine divina, da affrontare con trattamenti di tipo mistico-religioso, da parte di sacerdoti o filosofi.
Ippocrate (460 a.C.-377 a.C.) introdusse il concetto innovativo che la malattia e la salute dipendessero da specifiche circostanze della vita umana e non da superiori interventi divini ("la divinità vive nel metabolismo del cervello stesso"): la condizione di salute o malattia veniva spiegata, organicamente, come risultante dello sbilanciarsi di quattro umori (teoria umorale), in particolare la depressione era considerata legata ad un eccesso di bile nera. Basandosi sull'osservazione clinica, Ippocrate individuò nelle freniti le malattie psicotiche organiche primitive del cervello (disturbo mentale acuto con febbre); nelle manie i disturbi mentali acuti senza febbre; nella melanconia il disturbo mentale stabilizzato o cronico (insania); sottrasse l'epilessia al mondo magico ("morbo sacro", dovuto alla maledizione degli dei), attribuendole un significato simile a quello odierno.
Per quanto concerne i sintomi somatici senza danno fisico, ovvero le somatizzazioni, essi prendevano il nome di isteria, dal termine greco indicante l'utero: si riteneva che tale organo si spostasse all'interno del corpo, entrando in contatto con cuore, fegato, testa, arti, che così influenzati dolevano, l'isteria fu vista per la prima volta come il frutto dell'insoddisfazione erotica, il che coincide sostanzialmente con l'interpretazione fornita dalla scuola psicoanalitica di Freud.

Medioevo - Età Moderna

Successivamente, tra il Medioevo e l'età moderna, l'interpretazione predominante mutò: possessione da parte di spiriti malvagi o del diavolo, debolezza morale, castigo divino. Frequentemente le donne affette venivano accusate di stregoneria e condotte sul rogo.

Settecento-Ottocento

Michel Foucault sostiene che durante l'Illuminismo la psichiatria nacque come forma repressiva della nascente borghesia. In quell'epoca Philippe Pinel - siamo nel 1793 - "spezzò le catene agli alienati" con l'intento di liberare il folle dalla sua condizione di reprobo, consacrandolo come malato. È in tale circostanza che nasce la psichiatria assumendo il suo posto come branca della medicina. Eguale percorso venne compiuto dal medico empolese Vincenzo Chiarugi che, sotto il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo di Lorena, nel 1788 assunse la direzione dell'ospedale di Bonifazio a Firenze, dove si trasferì con i suoi assistiti già identificati quali malati di mente; nel 1793 diede alle stampe il suo trattato Della pazzia in genere e in specie, prima opera medico-scientifica sul tema della categorizzazione della follia. Il trattato di Chiarugi segnò la nascita della clinica psichiatrica e restituì al folle la "patente" di malato piuttosto che di peccatore o delinquente.

Le radici degli odierni sistemi di cura affondano nel XVIII secolo, quando furono concepiti i primi asili per gli alienati. Da queste strutture derivano i manicomi od ospedali psichiatrici che, anche in Italia, sono stati rifugio/prigione per i malati durante gran parte del XX secolo. In tali ambienti l'elevata concentrazione di pazienti favoriva l'osservazione e la classificazione delle malattie da parte degli psichiatri (o alienisti).
Uno dei fatti che più sensibilmente influenzarono la psichiatria al tempo di Freud (classe 1856) furono i lavori di Emil Kraepelin (1856-1926) ed Eugen Bleuler (1857-1939)
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Kraepelin, psichiatra tedesco, compilò la prima classificazione unanimemente condivisa dei disturbi mentali e formulò le categorie diagnostiche della psicosi maniaco-depressiva(oggi chiamata disturbo bipolare) e della dementia praecox (oggi chiamata schizofrenia). Il lavoro di Kraepelin ha evidenziato l'importanza dell'origine biologica di questi disturbi e la necessità di utilizzare strumenti di ricerca e di misurazione precisi. 
A lui si deve il merito di aver gettato un ponte sul burrone che all’epoca divideva medicina e psichiatria: egli affrontò in maniera organizzata, sistematica e scientifica lo studio delle malattie mentali, basando le sue classificazioni dei disturbi psichici sulla diligente osservazione di molti casi clinici. Il suo lavoro si basò su una raccolta di dati completa, prolungata nel tempo e su dettagliate registrazioni. Kraepelin si sforzò di essere obiettivo e accurato ed infatti dal suo lavoro scaturì una classificazione abbastanza elaborata. L’idea centrale del suo sistema era che i modelli dei complessi di sintomi potevano essere identificati e se ne poteva stabilire la coesione e la consistenza. Questi complessi di sintomi rappresentavano entità di malattie, come in medicina i complessi dei sintomi organici o le sindromi sono considerati processi distinti di malattie. Egli presumeva che, una volta stabiliti e definiti tali complessi, o sindromi, si potesse cercare dietro di essi una causa specifica o una serie di cause.

Fino ad allora, la malattia mentale era considerata sostanzialmente inguaribile, progressiva ed incomprensibile. Questo giustificava la segregazione dei pazienti per la salvaguardia delle "persone civili e del pubblico decoro". Gli strumenti terapeutici in molte istituzioni mediche ottocentesche erano spesso improvvisati: docce ghiacciate, diete sbilanciate, isolamento e contenzione fisica sono solo alcune delle pratiche cui venivano sottoposti i pazienti. La situazione era destinata a migliorare notevolmente nel corso del Novecento, grazie all'introduzione di varie forme di psicoterapia ed alla scoperta degli psicofarmaci.

Novecento

Un ulteriore contributo, sebbene in maniera del tutto autonoma, è contemporaneamente derivato dall'opera di Sigmund Freud (1856-1939), che criticava l'idea di incurabilità. Freud, basandosi sugli studi da lui effettuati insieme a Jean-Martin Charcot e Joseph Breuer e sulle nuove idee riguardanti l'inconscio, elaborò il primo modello completo sulle malattie mentali e un approccio psicoterapeutico per il loro trattamento (psicoanalisi). Il suo rimase il modello predominante utilizzato nella professione medica per il trattamento dei disturbi mentali fino alla metà del XX secolo, quando lo sviluppo della terapia elettroconvulsivante (introdotta negli anni trenta) e delle cure basate sui farmaci riportarono la pratica psichiatrica verso un approccio più meccanicistico.

Nella Germania nazista e poi nell'Unione Sovietica le conoscenze di psichiatria furono strumentali all'eliminazione di oppositori politici e all'attuazione di politiche eugenetiche. In Germania esistevano commissioni formate da psichiatri e medici incaricate di "selezionare" i malati fisici e psichici che dovevano subire l'eutanasia; in URSS la dissidenza politica poteva essere diagnosticata come alienazione mentale e l'oppositore veniva allontanato dal posto di lavoro e spesso rinchiuso in ospedale psichiatrico. Anche in Italia ci fu, sembra, qualche caso simile. Emblematica la vicenda di Ida Dalser e del figlio, che coinvolse la figura di Mussolini.

I primi psicofarmaci, destinati a cambiare in modo radicale e diffondere le metodologie di cura, furono sintetizzati fra gli anni quaranta e cinquanta e conobbero una rapida diffusione. Nei decenni seguenti, il netto miglioramento delle conoscenze di neurochimica ed il continuo sviluppo di nuove molecole (che possono agire sempre più incisivamente e selettivamente su particolari siti e tipi di recettori neurotrasmettitoriali, con effetti secondari progressivamente sempre più ridotti) hanno migliorato ed arricchito notevolmente le opzioni terapeutiche disponibili per la gestione e la cura delle principali malattie psichiatriche.

Dal secondo dopoguerra, i sostanziali progressi della ricerca nelle scienze del comportamento hanno dato origine a forme di psicoterapia che si sono dimostrate efficaci, in prove controllate, nel ridurre o eliminare molte condizioni psicopatologiche, specie con il supporto della terapia farmacologica. Il panorama delle psicoterapie oggi disponibili è vasto e complesso, facente capo a scuole di diverso orientamento e talora in conflitto tra loro, ma ha notevolmente ampliato la possibilità di scelta dei pazienti e di trattamento dei disturbi.

Nel 1948 G. Brock Chisholm e J.R. Rees fondarono la Federazione Mondiale della Salute Mentale (WFMH, World Federation for Mental Health), che promosse iniziative governative per l'aumento degli psichiatri e dei fondi per le politiche di salute mentale.

Nel corso dei decenni successivi l'APA (American Psychiatric Association) produsse diverse edizioni del suo Diagnostic and Statistical Manual (DSM) dei disturbi mentali, che al momento attuale rappresenta la più diffusa tipologia di categorizzazione nosografica delle patologie psichiatriche, caratterizzata (secondo i suoi sostenitori, ma tale posizione è stata spesso criticata) da criteri di universalimo ed ateoriticità.

Sebbene tuttora non si conoscano terapie in grado di guarire completamente le forme più gravi di malattia mentale, psicofarmaci e psicoterapie, se usati in modo esperto, possono contribuire a migliorare in modo sostanziale la condizione dei pazienti; in molti casi è possibile arrivare ad una completa remissione o almeno ad un significativo controllo della sintomatologia.

Nel 1978 Franco Basaglia portò nel Parlamento italiano una legge che prevedeva la dismissione degli ospedali psichiatrici e la cura dei malati negli ambulatori territoriali. La Legge 180/78, tuttora vigente, prevede il ricovero solo in caso di acuzie (presso gli SPDC, i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura), rendendo l'Italia un paese pioniere nel riconoscere i diritti del malato e nel favorire la territorializzazione dei Servizi di cura del disagio psichico (CSM - Centri di Salute Mentale; SERT - Servizi per le Tossicodipendenze; Centri diurni; Residenze Protette o Semiprotette; Consultori).

 

Fonte: Wikipedia

 

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