I ricordi non si lavano
LA DENUNCIA DELLA PSICHIATRIA
Aurora Frola denuncia la psichiatria ne “I ricordi non si lavano”, criticando una società che dà il nome di un disturbo a ogni emozione.
Angelica, protagonista dell’opera, si fa portavoce di una battaglia sociale, lottando contro un sistema che vuole curare il suo mal di vivere attraverso “pillole magiche”, che addormentano la razionalità.
Angelica viene iniziata agli psicofarmaci da un medico frettoloso e superficiale, che, senza ascoltarla, le propone farmaci psicotropi come soluzione a un suo problema emotivo.
“Inizia qui la mia maledizione, con la cura di un sintomo che nasconde un segreto”, scrive così la protagonista, intraprendendo la sua folle corsa verso l’ autodistruzione. Queste sostanze le aprono un varco dentro, dirigendola verso l’uso di altre droghe, mai assunte prima.
Un vero e proprio tunnel, fino alla perdita della ragione. Un’immersione nell’inconscio più profondo dove il tentativo di suicidio è l’ultimo grido di aiuto.
Ricoverata in una clinica psichiatrica, con disturbo di personalità borderline, Angelica tenta di disfarsi di tutte le sostanze che le creano dipendenza. I medici vogliono invece somministrarle altri farmaci. Lei si rifiuta, combatte per risvegliarsi, ritrovando nella lucidità la sua vera forza.
La ragazza ci rende testimonianza anche di quella che è la vita all’interno di un istituto psichiatrico. “Uno zoo, un albergo per mentecatte, un carcere per menti infette” è così che lei definisce il luogo in cui sarà ricoverata per tre mesi.
Persone “buttate dentro a un buco”, dove le uniche cure sono “le siringhe che addormentano”.
Angelica ci racconta il suo buio, fatto di follia, di delirio, ma anche di battaglie per riprendere in mano le redini di una vita ormai alla deriva.
Lei punta il dito contro l’approccio psichiatrico e non emotivo al problema. Angelica avrebbe avuto bisogno di parlare, di sfogarsi, di raccontarsi, invece viene condotta nel tunnel della dipendenza dal suo medico di fiducia.
Una dipendenza vera e propria. Una droga legalizzata, che può diventare un’arma di distruzione.
Occorre informazione e prevenzione, nella speranza che la storia di Angelica ci possa insegnare qualcosa.
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