Psicofarmaci

Sulla validità degli psicofarmaci

Molte delle conoscenze tradizionalmente note sui farmaci psichiatrici sono sbagliate. Attraverso i mezzi di comunicazione di massa gli psichiatri e le case farmaceutiche sono riusciti a convincere buona parte dell'opinione pubblica che gli psicofarmaci sono "sicuri" ed "efficaci" per il "trattamento" delle "malattie mentali". Consideriamo i termini di cui sopra uno ad uno.

Sicuri – nell'accezione comune significa che non sono nocivi, nonostante i tanti effetti negativi noti, quali disturbi motori, modifica dell'attività cerebrale, aumento di peso, irrequietezza, morte improvvisa per sindrome maligna da neurolettici e molti altri ancora.

Efficaci – nell'accezione comune significa che sopprimono o curano i sintomi per i quali sono stati prescritti, nonostante le numerose ricerche abbiano dimostrato che in generale esplicano un effetto sedativo che purtroppo modifica non solo quel determinato comportamento bensì anche tutte le altre attività.

Trattamento
– nell'accezione comune significa che i principi attivi prescritti esplicano specifici effetti su specifici processi patologici.

Malattia mentale – nell'accezione comune significa che esistono specifiche manifestazioni cliniche definite "schizofrenia", "disturbi bipolari" ecc., nonostante il fatto che non si riscontrino modifiche strutturali o chimiche a livello fisico in grado di differenziare le persone affette da queste così dette malattie da quelle che invece non lo sono.

Come è stato possibile che queste credenze siano state accettate in tutto e per tutto come dati di fatto? Coloro che promuovono gli psicofarmaci sono innanzi tutto figure autorevoli, medici e scienziati, di cui difficilmente si dubiterebbe che presentino risultati di studi condotti in maniera non imparziale. Un altro fattore, forse ancor più significativo, è che coloro a cui vengono somministrati gli psicofarmaci sono automaticamente screditati in quanto etichettati come malati mentali. Detta diagnosi di malattia mentale comporta, successivamente, tutta una serie di conseguenze come ad esempio la pretesa incapacità degli psichiatrizzati di giudicare obiettivamente e di riportare in maniera affidabile le loro esperienze, e questo soprattutto quando riferiscono sugli effetti negativi dei farmaci.


Ciò nonostante sono le storie personali che hanno in realtà un enorme peso nella valutazione della validità degli psicofarmaci. Le eloquenti testimonianze personali di coloro che hanno assunto psicofarmaci - credendo, almeno alcuni di loro, che fossero dei veri e propri salvavita – e che poi li hanno dimessi, dovrebbero essere confrontate con le dichiarazioni di ricercatori e psichiatri curanti convinti del contrario. In psichiatria sono le esperienze esistenziali, vale a dire i pensieri ed i sentimenti dei pazienti, ad essere considerati come malattia e quindi sono le esperienze, i pensieri ed i sentimenti che insorgono in risposta al trattamento che, secondo gli psichiatri, devono essere presi in considerazione. Ovviamente molti psichiatri ed altri che credono nell'efficacia degli psicofarmaci respingono queste argomentazioni, adducendo anzi che si tratta di ulteriori nuovi "sintomi", ma questo fa parte del circolo vizioso che si è instaurato.

Le esperienze delle persone che assumono (o continuano ad assumere) psicofarmaci sono enormemente diversificate. Alcuni li trovano utili per gestire fastidiosi sintomi e quindi, come è ovvio, difficilmente vorranno sospendere la loro assunzione. Molti all'interno di questo gruppo sono, infatti, disposti a tollerare spiacevoli effetti indesiderati in quanto ritengono che gli svantaggi siano compensati dai vantaggi. Questo libro non si occupa di questa parte di persone.

Questo libro è invece focalizzato su quelle persone che per una serie di ragioni, molto ampie e varie, hanno capito che gli psicofarmaci non li aiutano e che quindi Questa decisione comporta enormi conseguenze in quanto il medico curante quasi sempre desidera che il paziente invece continui la cura e qui bisogna sottolineare che il medico è spesso dotato di enormi poteri (come ad esempio la minaccia di un trattamento sanitario obbligatorio) per "persuadere" il paziente appunto a continuare la cura. Vero è che la mancanza di assistenza a fronte dei problemi che è un fattore che spesso comporta una ricaduta.

Una delle domande che mi viene posta più frequentemente - in qualità di militante nel campo della salute mentale e della difesa dei diritti dei pazienti (oltre che in qualità di paziente che ha dismesso i farmaci nell'ambito del mio personale processo di recupero – è: "Come posso smettere di prendere gli psicofarmaci?". Sussiste un enorme bisogno di informazioni su una dismissione sicura nonché di strutture assistenziali (ad esempio per ricoveri di breve durata con la presenza di medici disposti a prendere in considerazione approcci non farmacologici) che mettano in grado le persone che lo desiderano di uscire dal tunnel degli psicofarmaci.

La decisione di smettere di prendere gli psicofarmaci può essere presa per svariate ragioni. l'immaginario collettivo: persona così sconvolte da essere incapaci di comprendere che il loro comportamento è anormale e che quindi di solito arrivano a commettere orrendi crimini di violenza. Leggere storie vere come queste e capire le complesse ragioni che portano ad una determinata decisione può essere un modo per contrastare questa opinione negativa e distruttiva.

Certo lo stare accanto a persone con problemi psichici può essere molto usurante e difficile, specialmente quando esprimono verbalmente ciò che li sta affliggendo. Ma metterli a tacere non è la risposta giusta. Quello che si deve, invece, fare è ascoltare attentamente il racconto di ciò che stanno vivendo in modo da poter comprendere con esattezza qual è lo scotto che gli effetti degli psicofarmaci fanno pagare a queste persone.

 



Judi Chamberlin

Co-presidente della rete mondiale di (ex)utenti e sopravvissuti alla psichiatria, direttrice del Education and Training nonché del National Empowerment Center Arlington, Massachusetts, dal 30 ottobre 2002

Commenti   

0 #1 tina marzi 2015-03-24 13:46
sono d'accordo e desidero sapere se a roma ci sono gruppi di sostegno o case soderia grazie tina

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