Il pensiero

Il pensiero antipsichiatrico

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E dissero che stavo delirando,
mi somministrarono del bromuro,
e mi rinchiusero nella mia stanza-
Io con un topolino rosso sangue-
benchè avessi detto:
Per dar spazio alla mia testa,
fareste meglio a scoperchiare la casa.
Ma le mie parole non furono ascoltate,
sebbene avessi detto al medico solenne
che la cura davvero necessaria
era un tuffo nel mare aperto
che ai miei piedi sciabordava,
liscio come l'argento,
bianco come la neve -
E dovettero prendermi in tre
quando mi accorsi che non ci potevo andare .
(Rudyard Kipling)

Antipsichiatria. Scoperchiare la casa, come suggerisce Kipling. Lasciare che le persone siano libere di muoversi e di comunicare le proprie esperienze, di affrontarle, di trovarne le soluzioni.

Al tuffo nel mare aperto la psichiatria ha sempre preferito i ricoveri coatti, le porte chiuse a chiave, l'elettroshock, gli psicofarmaci, la socialità e i lavori forzati... Il tuffo in mare aperto è solo un delirio: il serenase, l'haldol, il tavor...la cura davvero necessaria.

In realtà la psichiatria non cura (nè si prende cura di) nessuno. E' piuttosto delegata a sperimentare tecniche e sostanze chimiche sempre più efficaci a controllare il pensiero, le emozioni e le azioni umane.

Il topolino rosso sangue non c'è. Non c'è il mare aperto che sciaborda ai piedi di Kipling. Il reparto non può essere scoperchiato. Non si può lasciare libero Kipling di vivere e comunicare con questo mondo che non c'è, che non vediamo... Occorre fermarlo. Distruggere la possibilità di Kipling di raggiungerlo, di vederlo, di sentirlo... di sceglierlo.

Si può isolare Kipling in una cella con il suo topolino rosso sangue. Oppure lo si può accecare e anestetizzare fino al punto che smetta di vederlo, di averlo accanto, di ascoltarlo.

Il topolino è la nostra vita interiore. Il significato che diamo alla nostra esistenza, i motivi, le opinioni, le fedi che muovono il nostro agire. Il senso della vita non è visibile. L'emozione non si può toccare. L'affetto, la stima, l'odio e i sentimenti che ci spingono a muoverci e ad agire non sono cose concrete. Le idee non si possono masticare, nè digerire.

L'idea che esista un essere supremo creatore di tutto ciò che vediamo, ad esempio, muove la vita di milioni di persone: eppure dio non è visibile. L'idea che le nostre azioni produrranno effetti nelle nostre vite future influenza i comportamenti e le scelte di molte persone: eppure il Karma non ha una sua concretezza. Così come la reincarnazione, il diavolo, la voce che parla a Mosè o l'idea che muove il giovane cinese che blocca i carrarmati in marcia verso piazza Tiennamen.

Gli uomini non vivono di certezze, come si usa pensare, ma nella verità. E in ciò sta il loro essere umani.

Se distruggono le nostre verità distruggono noi stessi. Noi siamo quello che crediamo. Siamo le nostre emozioni come siamo le nostre mani. Siamo i nostri occhi ma anche ciò che vediamo. Le nostre orecchie ma anche ciò che sentiamo. Il nostro cervello, ma soprattutto ciò che pensiamo. Non viviamo interamente in un mondo di certezze. Non ci cibiamo di solo cibo. Non viaggiamo e agiamo solo con il corpo. Le nostre idee e i nostri sentimenti sono capaci di trasformare la realtà di ciò che siamo. Le nostre parole possono modificare il mondo materiale e la biochimica dei corpi altrui. I nostri sguardi possono fare male più di un coltello conficcato nel petto...

L'antipsichiatria parte dal riconoscimento della verità di ogni esperienza umana. Può non essere certo che tu sia controllato dagli extraterrestri, ma è sicuramente vero. E' vero che tu ascolti i loro messaggi, che li vedi atterrare sul tetto di casa, attraversare pareti e chiamarti. Nessun rapporto con te può prescindere dal rispetto di questa verità. Questa esperienza fa parte di te. Puoi viverla positivamente o esserne terrorizzato, ma nell'un caso e nell'altro anche la tua gioia e il tuo terrore sono veri.

Del resto lo psichiatra che ti cura non può essere certo che tu sia malato, ma per lui è vero così. Non c'è alcuna differenza fra te e lui se non quella che a lui è concesso di imporre le sue verità come certezze. E per farlo non ha altro modo che distruggere le tue verità. Quello che dice lo psichiatra è certo nella misura in cui ciò che tu dici non è vero.

    E' proprio questo circolo chiuso che l'antipsichiatria si accinge a sciogliere: affidando all'individuo il compito e il diritto di gestire la propria follia, fino in fondo, in un'esperienza alla quale possono contribuire anche gli altri, mai però in nome di un potere conferito dalla loro ragione o dalla loro normalità...
    (M. Foucault 1975, La casa della Follia, pag.169)

Per l'antipsichiatria niente è certo e tutto può essere vero.

Sicuramente è vera ogni esperienza umana, aldilà della conferma, del riconoscimento, della condivisione altrui. Vera anche se non necessariamente giusta, accettabile, comprensibile. Vera anche se non rispetta le leggi fisiche o della logica comune. Vera come sono veri i sentimenti che produce in noi e negli altri.

Non solo. Ogni nostra esperienza è invisibile agli altri. Nessuno può mai realmente mettersi nei nostri panni. Per vedere e capire quanto ci sta accadendo, l'unico punto di vista che conta è il nostro.

Sembra ovvio, ma nel campo psichiatrico si è affermato il principio inverso: l'unico punto di vista che conta è quello di chi non vive (o non ha mai vissuto) quell'esperienza.

La normalità dello psichiatra è il parametro di misura della follia dell'altro. Più i loro punti di vista divergono e più facilmente la persona sarà definita gravemente ammalata. Ciò fino al ridicolo. Se Franca ride dei tic del suo dottore, questi segna in cartella riso immotivato, chiaro sintomo di malattia mentale. Franca ride senza motivo perchè non può ridere del suo psichiatra.

Dobbiamo chiederci cosa sanno gli psichiatri delle esperienze dei loro utenti. Probabilmente niente di più di ciò che sappiamo noi. Sicuramente molto di meno di ciò che sanno loro stessi. Eppure l'unica conoscenza che conta è la nostra.

L'anti nell'antipsichiatria indica un capovolgimento della logica psichiatrica, ma non solo. Anti va letto anche come cio che sta prima della psichiatria. Lì dove ci sono ancora i vissuti e le persone che lottano per dare un senso alla loro vita e alle loro relazioni. Persone che si interrogano su ciò che sta accadendo loro. Che chiedono e si danno aiuto. Che sperano e si disperano. Che parlano e che non si capiscono.

Abbiamo ereditato un'idea di antipsichiatria come una sorta di terapia alternativa della malattia mentale. In realtà l'antipsichiatria è innanzitutto la pratica di coloro che cercano un senso a ciò che gli accade e di chi decide di star loro accanto in questa ricerca. Le azioni antipsichiatriche coincidono coi comportamenti e le idee che la psichiatria definisce i sintomi della malattia mentale. Possiamo dire che l'antipsichiatria non è la cura ma la pratica della follia. Un movimento di menti e di uomini che dà credito, valore e rispetto a quanto di creativo, inquietante, doloroso e estatico c'è in ogni esperienza umana.

    Una ragazza che conobbi in un istituto psichiatrico fu diagnosticata schizofrenica perchè, tra le altre cose, aveva l'illusione di essersi mutata in una pianta verde lunga, rampicante, che cresceva ogni giorno rivolta al sole, ed esprimeva questo stato con strani movimenti del corpo, lenti, contorcenti, che iniziavano dai piedi, risalivano poi per il corpo e finivano con le braccia aperte sopra il capo. (...)
    Certo può essere importante arrivare a capire l'esperienza della trasformazione in pianta e la sua curiosa coreografia, ma solo in quanto ciò non violi la realtà presente della sua esperienza, per la quale essa aveva bisogno di un testimone, non di una interpretazione. Non certo di tranquillanti, quegli Abortifacenti dello spirito .
    (D. Cooper 1977, Grammatica del vivere. Un'analisi di atti politici, pag. 62)

L'antipsichiatra è un testimone dell'esperienza di follia. Non si pone il problema di interpretarla, definirla, trasformarla o curarla. Egli ne riconosce e ne rispetta la verità e dà una mano, se può, alla persona che intenda affrontarla o realizzarla. A suo modo.

    La caratteristica principale dell'antipsichiatria è forse il riconoscere la necessità di una non interferenza attiva che tenda ad un'apertura dell'esperienza piuttosto che ad una chiusura dell'esperienza .
    (D. Cooper 1977, Grammatica del vivere. Un' analisi di atti politici, pag. 63)

In altre parole la pratica antipsichiatrica è il tuffo in mare aperto per cui Kipling è internato. Non è solo il permettergli di tuffarsi in quel mondo e di guardare dritto in faccia il suo topolino, ma anche riconoscere nel tuffo tutto il senso e il valore che diamo alle azioni umane. L'agire antipsichiatrico non interferisce sulla scelta di tuffarsi, non blocca il tuffatore, non lo lega, non lo distrae da questa idea, cerca solo di creare le condizioni affinchè il tuffo non avvenga nel vuoto. E' testimone del tuffo e testimonia la sua verità interiore.

Capovolgendo la logica psichiatrica, si può dire che l'antipsichiatria dà corpo e visibilità alla follia. Da credito alle esperienze di chi vede, sente e comunica con mondi interiori ed esteriori invisibili alla comune percezione umana. Pratica, e quindi rende reali, i sintomi psichiatrici, ridando loro il significato di tentativi umani di far fronte, di negare o realizzare le proprie esperienze.

    Ha ventiquattro anni. Viene sottoposto a elettroshock ogni tre settimane perchè
    l'effetto dell'elettroshock scompare dopo dieci giorni e
    allora non fa che immergersi nei suoi pensieri
    per farlo deve andare in una stanza
    non dev'essere interrotto
    deve concentrarsi con uno sforzo totale
    non può permettersi di complicare le cose
    facendo un solo movimento
    pronunciando una sola parola
    resta sveglio il più possibile
    poichè il processo è interrotto dal sonno
    non lo interessa il mangiare
    si toglie di dosso i vestiti
    evacua feci e urina dove si trova,
    in piedi o seduto o sdraiato
    immobile
    immergendosi vieppiù sente di avvicinarsi maggiormente
    una pressione terribile lo investe da ogni parte
    è come nascere,
    dice ogni volta che l'interrompono,
    in modo coercitivo,
    con elettroshock lui deve ricominciare da capo .
    (R.D.Laing 1978, I fatti della vita, pagg. 93-94)

L'antipsichiatria non è una teoria ma una pratica. Non spiega cosa accade dentro o fra le persone o perchè accada. Permette solo che accada.

Una pratica fatta da infiniti atti quotidiani posti in essere da uomini e donne senza alcuna competenza antipsichiatrica. Non esistono tecnici o tecniche dell'antipsichiatria. L'antipsichiatria è solo un modo di stare al mondo cercando di dar significato alla nostra esistenza, credendo che ci sia sempre un senso umano da dare a quanto ci accade, a quanto sentiamo, a quanto pensiamo o facciamo.

Antipsichiatrica è la madre che passa le notti col figlio spruzzando acqua dalle siringhe contro i folletti cattivi, piuttosto che siringare il figlio e farlo dormire. La madre che sceglie di affrontare nella realtà la paura del figlio, che lo aiuta come lui vuole essere aiutato, che non l'abbandona da solo nella sua esperienza, che testimonia il suo terrore ma anche la sua capacità di farvi fronte, che gli dà credito e fiducia.

Non c'è vittima psichiatrica che non esprima chiaramente se ha bisogno di aiuto e di che tipo di aiuto si aspetta da noi. Eppure abitualmente le sue richieste non sono prese in considerazione se non per dimostrare che è malata per il solo fatto di averle formulate.

Ciò che chiamiamo follia è, per l'antipsichiatria, una forma di conoscenza del mondo interiore e esteriore. Non è una patologia della percezione o del pensiero ma un modo di percepire e di pensare. Con lo stesso margine di errore che ha ogni pensiero e di illusione che possiede ogni percezione.

I modi della nostra percezione non sono frutto di nostre scelte, sia quando ciò che percepiamo è riconosciuto dagli altri, sia quando è invisibile a tutti. Non possiamo dire che nella follia qualcosa ha preso il sopravvento sulla persona facendola sragionare. Il nostro modo di essere e di percepire non dipende da nostre scelte razionali, ma non dipende neanche interamente dalla nostra biochimica. Così è impossibile definire con certezza per quale motivo pensiamo quello che pensiamo, indipendentemente dal fatto che il nostro pensiero sembri logico o delirante.

L'idea che ci formiamo di noi stessi, degli altri e della realtà, così come il rapporto con essi, deriva dalla nostra percezione. Va da se che se sento la voce di dio che mi chiama ad una missione impossibile, io posso pensare di essere diventato pazzo, posso chiedere a dio di darmi una prova, oppure posso credere e fare in modo che sia fatta la sua volontà.

Per la psichiatria l'unica idea sensata è quella di riconoscere la propria malattia. Per l'antipsichiatria tutti e tre le alternative sono possibili. Tutte hanno il diritto di essere praticate.

Se lasciamo aperte tutte le possibilità non diremo più che Augusto parla da solo. Non affermeremo più a priori che sta male. Non troveremo più insensato il fatto che si immerga, ad inverno inoltrato, nelle acque del mar mediterraneo o che se ne stia assorto sotto la pioggia per ore.

Tutti i comportamenti umani ci appaiono insensati finchè non comprendiamo il contesto in cui sono inseriti o non accettiamo come veri i motivi che li muovono. Una donna in camicia da notte che scappa urlando da una casa ci può sembrare insensata, se non vediamo l'incendio che si è sviluppato o l'uomo che la sta inseguendo. Ma ci può essere vero fuoco e vero assassino anche se noi non li vediamo. E sicuramente c'è vero terrore.

Non si può dire alla donna di calmarsi se prima non abbiamo spento l'incendio o disarmato l'assassino. Non possiamo costringerla a rientrare in una casa che brucia, o in balia del mostro che la aspetta. Non possiamo pensare che il suo terrore sia inesistente perchè non ne vediamo motivo. E' disumano. Così come quando decidiamo che ci sia un periodo di tempo normale per soffrire di un lutto o un modo normale di farlo. Chiamando malati coloro che soffrono più del necessario e in modo scomposto.

Normalmente pensiamo che il modo migliore di aiutare Rosa è convincerla che si sta sbagliando, che non c'è alcun fuoco, nè alcun assassino di cui aver paura.

    Non c'è nulla di cui aver paura: l'estrema rassicurazione, (è) l'estremo terrore
    (R.D.Laing 1980, La politica dell'esperienza, pag. 36)

Ci sfugge infatti che non c'è niente di più terrificante che essere in balia di realtà che nessuno vede e in cui nessuno crede. Niente di più terribile del non essere creduta.

Citando Nagarjuna:

    Se il fuoco è acceso nell'acqua
    come verrà spento?
    Se la paura proviene dal protettore
    chi c'è a proteggerci da questa paura?
    (cit. in R.D.Laing 1980, La politica dell'esperienza, pag. 88)

Rosa uscì di casa urlando 40 anni fa. E' ancora rinchiusa in manicomio.

 

Fonte: Libro Malati di Niente di Giuseppe Bucalo