Critica della psichiatria

Breve storia dei trattamenti psichiatrici

Riteniamo di illustrare per dovere di cronaca, un elenco incompleto di trattamenti non più usati ma che hanno caratterizzato l'800 i primi decenni del '900  con variazioni dipendenti da luoghi e categorie delle stesse:

  • Docce di acqua gelata: molto usate nel secolo scorso e nei primi decenni di quello attuale; provocano dolore acuto, sino allo svenimento, angoscia, terrore. Il soggetto colpito dall’acqua è rinchiuso in una vasca da cui non puo uscire. In uno scritto si legge “gli alienati urlando ripetono che stanno morendo, non sanno più dove sono né quel che fanno...” Uno psichiatra (Moreau de Tours), nel 1845 volle provarne gli effetti su se stesso e scrisse “il dolore provocato dalla doccia e tra i più vivi...”;
  • Chiudere il soggetto in un armadio di legno da cui fuoriesce solo la testa; in una versione modificata, il paziente viene chiuso in una cesta di vimini da cui escono anche i piedi e puo camminare (a piccoli passi);
  • Ostruire varie arterie cerebrali così che non arrivi più abbastanza sangue al cervello e parte di questo si atrofizzi; ne deriva una condizione di demenza irreversibile;
  • Bagni (gelati) a sorpresa: la persona viene fatta precipitare in una botola piena di acqua; in alcune cliniche i malati venivano semplicemente gettati in un fiume con manie piedi legati; in altri posti il malato, legato ad una sedia e bendato venivabuttato all’indietro in un pozzo profondo due metri;
  • Bagni prolungati: i soggetti vengono  lasciati immersi in vasche per ore, giorni, sino ad un mese.
  • Camicia di forza, in tutte le sue varianti;
  • Castrazione o asportazione chirurgica delle ovaie; questa “terapia” psichiatrica è stata particolarmente usata dagli anglosassoni, nei confronti di coloro che erano dediti alla masturbazione;
  • Ferri roventi applicati sulla nuca, sulla regione del muscolo trapezio e in molte altre varianti; in svariati scritti possiamo trovare le testimonianze di psichiatri che lodano le doti di questo mezzo terapeutico. In particolare fanno notare che spesso solola vista del ferro rovente e del suo avvicinarsi, provoca un tale terrore che anche i soggetti più agitati diventano tranquilli e ragionevoli;
  • Clitoridectomia; usata per le donne che si masturbavano e per quelle isteriche; anche su questa terapia psichiatrica troviamo vari scritti dove viene lodata soprattutto perché dopo l’intervento “tutto induce a credere che la cessazione delle sue vergognose abitudini masturbatorie sia permanente”. Un libro intero venne scritto sull’argomento da Baker e Brown Sulla curabilita di talune forme di follia, di epilessia, di catalessi e di isteria nelle donne, (Londra, 1866).
  • Appendere il “malato” per le braccia, con una corda al soffitto;
  • Grate di contenzione o culle: sono grate metalliche o di legno su cui viene fatto draiare il soggetto, lì immobilizzato, per giorni. Viene così colto da dolori e crampi ortissimi. In alcuni modelli è possibile agitare la grata, se il soggetto è comunque roppo contento;
  • Dieta: intesa nel senso di privazione del cibo;
  • Isolamento;
  • Luce colorata;
  • Macchina rotatoria: è in pratica una sedia sulla quale veniva legato il paziente. La edia era collegata ad un meccanismo che la faceva ruotare velocemente su se stessa o ercorrendo un cerchio. Precorreva quelle usate da piloti e astronauti per verificare la loro resistenza alla accelerazione;
  • Finte operazioni chirurgiche: per chi credeva di essere malato; lo tagliavano, lo ricucivano e gli dicevano che era stato operato e che ora, era guarito;
  • Inoculazione della scabbia;
  • Soffocamento;
  • Applicazione di sanguisughe;
  • Iniezioni sottocute di sostanze tossiche dolorosissime, come la veratrina.

Storia recente
In effetti queste pratiche che potremmo tranquillamente definire torture, oggi non vengono più utilizzate.
Quali sono allora le terapie più recenti e quali quelle attuali?
Tralasciando le terapie elettriche (TEC), di cui rimandiamo alla sezione apposita, rimangono comunque molte altre pratiche psichiatriche.
Nei primi decenni del secolo scorso andava di moda la malaroterapia o malariaterapia.
L’idea è di Wagner Von Jauregg, che nel 1917 a Vienna inizia a “curare” in questo modo la paralisi sifilitica, ma subito gli psichiatri se ne impossessano e la malaria viene inoculata a decine di migliaia di loro pazienti.

Dopo i tempi della malaria, vennero quelli degli shocks. Sono le cosiddette tecniche d’urto.

Lo shock insulinico, inventato da Sakel nel 1932, consiste appunto in questo: iniettare una dose di insulina, tale da mandare in coma il soggetto.

Vi sono poi altri tipi di shock chimico, che hanno lo scopo o di mandare sempre la persona in coma o di provocare un forte attacco epilettico o un trauma profondo. Tra le sostanze che sono state usate, citiamo il cardiazol, l’acetilcolina, l’indoklon e l’etilaldeide.

Lo shock con cardiazol, ideato dal prof. Meduna di Budapest, non ebbe grande successo perché questo tipo di terapia d’urto, permetteva al paziente di ricordare. Solitamente negli altri shock, si verifica una perdita di memoria che qui non avviene. All’iniezione di cardiaziol segue un dolore fisico e psichico intensissimo, così forte da dare al soggetto l’impressione di morte imminente. Il ricordo di questo dolore è ale che nessuno accetta di fare un secondo shock.

Lo shock con acetilcolina produce effetti simili al cardiazol e inoltre provoca un momentaneo arresto cardiaco. Tuttavia uno dei padri della psichiatria italiana, Fiamberti, fece decine di migliaia di shocks acetilcolinici.

Anche gli shock anfetaminici, il pneumoshock, lo shock carbonico (inalazione di CO2) ed il fotoshock hanno avuto la loro fetta di pazienti.

Certamente, tra tutti questi, lo shock con insulina e stato il più utilizzato ed ancor oggi vi sono alcuni sostenitori dell’utilità di questo trattamento.

Kalinowsky (eminente psichiatra che ha operato tra gli anni ’50 e gli anni ’70), propone, come trattamento standard per una donna depressa, la sequenza di 30 elettroshocks e di 50 coma insulinici, negando quanto diceva il maestro e nventore del metodo, Sakel, che indicava in almeno 80, e sino a 150, il numero dei corni insulinici da usare per ogni paziente.
Gli shock insulinici hanno avuto il loro momento massimo di gloria tra il 1932 ed il 1960. Tra i degenti dei  manicomi del tempo, leggendo nelle cartelle cliniche, è possibile trovare persone che hanno subìto anche 100 shock insulinici.

Vi fu infine una specie di gara tra psichiatri su chi riusciva a prolungare più degli altri il periodo del coma. Si passa così dalle 6 ore di coma (classico shock insulinico) alle 12 (Kraulis), alle 20, alle 36 (Bermann).

Lobotomia
Ma la terapia che maggior gloria ha mai dato ad uno psichiatra è certamente la lobotomia, che ha poi visto vari tipi di varianti quali la leucotomia, la topectomia e altre.
Nel 1936, lo psichiatra Egas Moniz pubblicava il suo primo studio, dove descriveva la sua tecnica, provata su decine di cavie umane.
Egli apriva il cranio del soggetto e distruggeva i lobi frontali del cervello, quelli dove risiedono le funzioni cerebrali superiori (quelle che permettono all’uomo di avere idee, opinioni, pensieri, immaginazione, capacità creativa, ecc.).

Alcuni altri psichiatri, Fiamberti di Varese e Freeman di Washington, migliorano poi la sua tecnica, evitando la trapanazione del cranio e distruggendo la parte anteriore del cervello per mezzo di uno stiletto, infilato attraverso l’orbita oculare.

Il “malato”, dopo l’operazione, citando le parole di uno psichiatra (Gayral) è: “Confuso e imbecillito, scorda le sue preoccupazioni anteriori e diventa gaio”.2
Nonostante il cambiamento della personalità, continua Gayral, egli potrà ricostruirsi una vita, “partecipando alle attivita elementari della comunità.

In Italia, nel luglio del 1949, padre Agostino Gemelli, frate e psichiatra, scrive un aggio sulla lobotomia. Leggiamo le sue parole:
“...Questa operazione è oggi entrata nell’uso comune: anche in Italia fu eseguita specie per opera del Fiamberti... e si puo calcolare che siano state 10.000 — sino a quell’anno — le leucotomie eseguite in tutto il mondo... in un terzo dei casi si ebbe un esito ottimo, in un terzo circa un buon risultato e quasi in un erzo un limitato successo. La mortalità totale fu del 5%... oggi la psichiatria tenta nuove vie per curare quei malati di mente che un tempo si abbandonavano...”

Egas Moniz dovrà comunque attendere tredici anni dai suoi primi “esperimenti”, sino appunto al 1949, per vedere il riconoscimento del proprio lavoro. In quell’anno infatti egli viene insignito con il Premio Nobel per la medicina, per la sua cura della schizofrenia, mediante lobotomia.

Negli anni più recenti sono state sviluppate molte altre tecniche di psicochirurgia, cioè altri tipi di interventi il cui scopo è quello di distruggere parti del cervello. enza dilungarci in dettagli tecnici, i risultati sono similari.
La psicochirurgia, nelle sue varie forme, viene oggi proposta per coloro che non hanno raggiunto i risultati sperati con molte sedute di elettroshock.
Il numero dei lobotomizzati viventi, in tutto il mondo, non è noto, ma le stime variano da un minimo di 100.000 ad un massimo di 200.000 persone.

 

Articolo tratto dall' E-book "L'inganno psichiatrico" di Roberto Cestari - edizioni OISM.