Il pensiero

Antonucci: La psichiatria e il suo incapace

Di Giorgio Antonucci

 

Giorgio AntonucciQualche anno fa, mi è accaduto che un paziente - una persona ricoverata in un istituto psichiatrico italiano a Imola, che io, come tanti altri, ho liberato dalla cella e dalla schiavitù restituendogli, come era suo diritto, la possibilità di girare per il mondo - qualche anno fa, quest'uomo di quarantacinque anni, che aveva passato tutta la sua giovinezza rinchiuso in manicomio, fu ucciso: si trovò una sera il suo corpo e si vide che era stato ucciso. Gli psichiatri, prima che si sapesse che cosa era accaduto - era chiaro che fosse stato ucciso - dissero: "La responsabilità è del dottor Antonucci, perché lo ha tolto di cella, gli ha tolto gli psicofarmaci, lo ha mandato in giro, lo ha lasciato libero. Senza psicofarmaci, certamente ha provocato l'assassino e l'assassino, per difendersi, lo ha ucciso".

E difficile per me dire che cosa faccio, forse, la parola più appropriata sarebbe "l'anticarceriere", perché da anni libero persone rinchiuse, perché la loro individualità, anziché potere esprimersi liberamente è stata "tagliata fuori" dall'intervento psichiatrico. Che cosa significa la psichiatria per la cultura?

 


 

Facciamo qualche esempio: lo psichiatra Saint-Pierre, in manicomio, voleva insegnare a Antonin Artaud a scrivere poesie; invece, il dottor Gachet, medico di Van Gogh, gli consigliava di dipingere dal vero, perché così avrebbe pensato meno e sarebbe stato meglio - come sapete, Van Gogh, poi, si è suicidato. E ancora Ludwig van Beethoven, a Vienna, era ritenuto seminfermo di mente, perché essendo antimilitarista, la sera, nelle birrerie, quando aveva bevuto un bicchiere di più - beveva volentieri del buon vino del Reno - se vedeva qualcuno in divisa, si arrabbiava e, allora, gli psichiatri dicevano: "Questo è un seminfermo di mente".
Si può continuare quanto si vuole, si può arrivare ai tempi nostri, fare il discorso su Sacharov che, per il governo Breznev, era un infermo di mente, uso questa parola perché corrisponde a malato di mente, ma rende più l'idea del concetto psichiatrico d'incapace. Sacharov, il premio Nobel Sacharov, era un incapace per il governo Breznev; poi, per il governo Gorbaciov, probabilmente, è in grado di essere eletto al Soviet supremo: forse, Sacharov ha cambiato psichiatra.
C'è anche la nostra storia, l'interessante storia politica dell'Italia, per esempio l'omicidio del re da parte di Gaetano Bresci, mio compaesano - io sono di Firenze, lui era di Prato. I giornali del tempo discutevano molto sulla follia o no di Gaetano Bresci: perché ha ucciso il re? Uccidere il re è una follia oppure non è una follia? Nessuno a quel tempo, però, aveva messo in discussione la saggezza del generale Bava-Beccaris che aveva sparato, proprio qui a Milano, sulla folla che aveva fame e che era stata una delle cause che avevano fatto pensare a Bresci di ammazzare il re. Questi sono gli psichiatri che continuano, in ogni luogo, nel passato come nel presente, a cercare quell'omologazione, cioè a cercare di costruire il mondo descritto da Orwell.
Dico gli psichiatri, perché la loro storia è senza fine e è sempre una storia di personaggi contro la cultura. Il problema di Armando Verdiglione è, sì, un problema giuridico, ma è anche un problema collegato con la nostra cultura psichiatrica di cui i magistrati sono imbevuti. Ripercorriamo ancora la storia della psichiaria, può darsi che gli episodi che ho detto siano marginali.
Lo psichiatra Binet, uno psichiatra importante - direttore del laboratorio della Sorbona, uno dei fondatori - ha scritto quattromila pagine per dimostrare che Gesù Cristo era infermo di mente; così accade che colui che, a torto o a ragione, è ritenuto dalla maggior parte dell'umanità il figlio di Dio, per lui era un infermo di mente. Ci può essere, comunque, qualche laico che si sente solleticato da questo discorso.
Passiamo a Socrate. Lo psichiatra Zilboorg, che ha scritto una nota e molto letta Storia della psichiatria, dice che Socrate era infermo di mente, perché aveva quella famosa voce interiore di cui parla anche Federico Nietzsche. Socrate era un infermo di mente, da cui deriva che il maestro della dialettica di tutto l'occidente, o almeno uno dei maestri, era un infermo di mente. Si potrebbe continuare a lungo, si potrebbe dire che Schumann, a quarant'anni circa, aveva tentato il suicidio, buttandosi nel Reno. Nessuno studioso di Schumann è riuscito a capire che cosa succedesse a quest'uomo, artista eccezionale, di cui io direi quello che Kierkegaard disse di Mozart: "Io amo Mozart come una fanciulla". Però, nessuno sa come mai, preso da disperazione o per una scelta, avesse tentato il suicidio: nessuno lo ha saputo perché è stato immediatamente internato per tre anni in una casa di cura dove è morto, cioè dove è stato ucciso: ecco che cos'è la psichiatria.
Quando si dicono queste cose, si trovano, nella controparte, personaggi che non hanno mai messo in discussione i principi su cui fondano i loro interventi. E chiaro che, con una tale cultura, possono esserci gl'incapaci d'intendere e di volere arbitrariamente definiti. Io sono stato criticato, perché uno, secondo loro, incapace d'intendere e di volere era stato ucciso, perché io avevo evitato d'influenzarlo. Per Verdiglione è successo il contrario.
Comunque, il concetto è l'esistenza d'"incapaci d'intendere e di volere", concetto senza nessun significato, tanto che può essere attribuito, indifferentemente, a chiunque, compresi Schumann, Beethoven, Van Gogh, Antonin Artaud e tanti altri che, da una parte, sono la fonte geniale della nostra cultura, sono quello che noi vogliamo: costruire cose nuove, arricchire sempre il mondo - quello che sta facendo Verdiglione; dall'altra parte, sono considerati incapaci d'intendere e di volere da funzionari dell'ordine costituito che si potrebbero definire funzionari della morte oppure, secondo i termini di Heidegger, "sentinelle del nulla".

 

Estratto dal Libro bianco Sotto il nome d'incapace di Mauro Mellini e altri, prima edizione Spirali/Vel 1989, pp. 254-256